Nomina di Liquidatore Diverso dal Gestore della Crisi in Caso di Discrasia Temporale e Carenze nella Relazione del Gestore

La sentenza della Sezione Giurisprudenza n. 31908, pubblicata il 19 settembre 2024, riguarda la  procedura di liquidazione controllata e la possibilità di nominare un liquidatore diverso dal gestore della crisi. La Corte ha chiarito che ci sono “giustificati motivi” per nominare un professionista diverso dal gestore della crisi in due circostanze principali, ai sensi dell’art. 270, comma 2, lett. b) del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII), ovvero in caso di discrasia temporale e nel caso di carente esame
critico.
Esaminiamo nel dettaglio entrambe le situazioni.
Nel caso di discrasia temporale, quando c’è un notevole intervallo di tempo tra la redazione della relazione da parte del gestore della crisi e il momento in cui viene depositata la domanda per l’apertura della procedura di liquidazione controllata, la relazione può risultare obsoleta o comunque non più accurata. In altre parole, la documentazione prodotta dal debitore e le sue dichiarazioni potrebbero non riflettere fedelmente la sua situazione attuale. In questa circostanza, la mancanza di un aggiornamento tempestivo nella valutazione del gestore costituisce un “giustificato motivo” per nominare un liquidatore diverso, in modo da garantire un esame corretto e aggiornato della posizione del debitore.
In caso di carente esame critico, se la relazione del gestore non esamina adeguatamente alcuni aspetti fondamentali, come la veridicità delle spese dichiarate dal debitore o la capacità contributiva del coniuge, potrebbe non riuscire a fornire una visione completa della reale situazione economica del nucleo familiare. Questo potrebbe tradursi in una sottovalutazione o errata rappresentazione del tenore di vita della famiglia del debitore. In mancanza di un’analisi critica di tali elementi, è giustificato il ricorso a un liquidatore differente, più idoneo a garantire una valutazione completa e imparziale.
Queste due circostanze appena viste, dunque, legittimano la decisione di nominare un professionista diverso dal gestore per svolgere il ruolo di liquidatore, al fine di assicurare una maggiore accuratezza e imparzialità nella procedura.

Tribunale Milano, sentenza 07 Agosto 2024: Inammissibile la liquidazione controllata in assenza di beni.

La sentenza in esame del Tribunale di Milano ha stabilito che la liquidazione controllata è inammissibile in assenza di beni mobili, immobili o redditi liquidabili, chiarendo che il presupposto per l’apertura di questa procedura è la presenza di un patrimonio che possa essere utilizzato per soddisfare i creditori. Nel caso esaminato, il ricorrente, privo di beni e reddito, aveva richiesto la liquidazione controllata con l’obiettivo principale di ottenere l’esdebitazione, nonostante non vi fosse alcun attivo da liquidare.

Il Tribunale ha sottolineato che, in assenza di beni utilmente liquidabili, il percorso più idoneo per il debitore è la esdebitazione dell’incapiente, prevista dall’art. 283 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII). Questa procedura è specificamente destinata a debitori che non possiedono beni da offrire ai creditori, permettendo comunque la liberazione dai debiti in determinate condizioni.

La decisione ribadisce che la liquidazione controllata deve essere limitata ai casi in cui vi sia una concreta possibilità di distribuzione dell’attivo ai creditori. Consentire l’apertura della liquidazione controllata senza beni comprometterebbe l’equilibrio tra gli interessi dei creditori e del debitore, con un impatto negativo sul sistema economico, soprattutto in relazione ai debiti legati all’attività imprenditoriale.

Il Tribunale ha inoltre fatto riferimento alle modifiche legislative in corso all’art. 283, confermando l’orientamento che privilegia la procedura di esdebitazione dell’incapiente in assenza di patrimonio liquidabile. Questa sentenza fornisce una linea guida importante per le future decisioni in materia di sovraindebitamento.

Il Privilegio Fondiario nella Liquidazione Controllata

Il 19 agosto 2024, con la sentenza n. 22914, la Corte di Cassazione ha affrontato la questione dell’impatto del privilegio processuale fondiario, previsto dall’art. 41, comma 2 del Testo Unico Bancario (TUB), con le recenti disposizioni introdotte dal Codice della Crisi.La decisione si concentra sulle compatibilità del privilegio fondiario nelle procedure concorsuali di liquidazione giudiziale e liquidazione controllata, andando ad escludere espressamente le procedure di natura non liquidatoria.

In prima battuta, la Corte di Cassazione ha confermato la perdurante validità del privilegio processuale fondiario anche dopo l’entrata in vigore del nuovo Codice della Crisi. Pertanto, tale privilegio continua ad applicarsi alla procedura di liquidazione giudiziale, ribadendo la sua centralità nel contesto delle garanzie creditizie. Tuttavia, la questione si complica quando si tratta di stabilire se il privilegio previsto dall’art. 41, comma 2 del TUB possa trovare applicazione anche nella liquidazione controllata.

Il principio giuridico espresso dalla Cassazione è chiaro: il creditore fondiario ha il diritto di beneficiare del privilegio processuale stabilito dall’art. 41, comma 2 del d.lgs. n. 385 del 1993 sia nel caso di liquidazione giudiziale, disciplinata dagli articoli 121 e seguenti del d.lgs. n. 14 del 2019, sia nel caso di liquidazione controllata, regolata dagli articoli 268 e seguenti del medesimo decreto legislativo.

Questa sentenza assume particolare rilevanza poiché chiarisce la portata e l’applicabilità del privilegio fondiario nelle diverse fasi delle procedure concorsuali, garantendo così ai creditori fondiari uno strumento efficace per il recupero dei propri crediti, anche nel contesto di nuove normative.