FERIE GIUDIZIARIE E LIQUIDAZIONE CONTROLLATA : IL TERMINE PER INVIARE LE DOMANDE VIENE SOSPESO

La legge stabilisce che il termine per presentare le domande di insinuazione dei creditori (cioè le richieste per partecipare alla divisione dei beni di una persona o azienda in liquidazione) è sospeso durante il periodo delle ferie giudiziarie, come previsto dalla legge n. 742 del 1969. Generalmente, le ferie giudiziarie si svolgono dal 1º agosto al 31 agosto di ogni anno; durante questo periodo, i tribunali trattano solo gli atti urgenti e le cause che non possono essere rinviate.

Questo significa che i giorni di ferie non vengono conteggiati nel termine entro cui le domande di liquidazione controllata devono essere presentate. Non c’è motivo di trattare i creditori che vogliono partecipare alla procedura di “liquidazione controllata” in modo diverso da quelli che partecipano alla “liquidazione giudiziale”. Entrambe le procedure riguardano la divisione dei beni di un debitore, quindi le regole sui termini di presentazione delle domande devono essere le stesse. Questa parità di trattamento è confermata dall’articolo 270 del Codice della crisi e dell’insolvenza (CCII), che richiama l’articolo 201 dello stesso Codice. Quest’ultimo articolo specifica che la sospensione dei termini durante le ferie si applica anche alle procedure di liquidazione in deroga alla regola generale di cui all’art.9 co.1 CCII.

RAFFORZATO IL DIRITTO AL GRATUITO PATROCINIO NELLE PROCEDURE DI LIQUIDAZIONE CONTROLLATA

La sentenza n. 121 del 4 luglio 2024 della Corte Costituzionale rappresenta un passo significativo nella tutela dei diritti dei cittadini meno abbienti coinvolti in procedure di liquidazione controllata. La Corte ha esaminato l’art. 144 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, noto come “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia”.

Questa decisione è importante perché garantisce che anche chi non ha mezzi finanziari sufficienti possa accedere alla giustizia senza essere penalizzato. In particolare, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo sopracitato nella parte in cui non prevede l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato per la procedura di liquidazione controllata, quando il giudice delegato ha autorizzato la costituzione in giudizio e ha attestato la mancanza di risorse per coprire le spese.

Inoltre, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 146 dello stesso decreto, nella parte in cui non prevede la prenotazione a debito delle spese della procedura di liquidazione controllata. Ciò significa che le spese necessarie per queste procedure devono essere coperte dallo Stato, evitando così che chi non ha attivo disponibile debba sostenere costi insostenibili.

Questa sentenza rafforza il principio di uguaglianza davanti alla legge e garantisce un accesso più equo alla giustizia, indipendentemente dalle condizioni economiche degli individui coinvolti.

LE PROCEDURE FAMILIARI DI COMPOSIZIONE DELLA CRISI

Quando venne introdotta la disciplina di sovraindebitamento con la legge n. 3/2012, questa era concepita nei riguardi di un unico soggetto.
Accadeva però frequentemente che una procedura domandata da parte di un coniuge, se pure avesse avuto esito positivo conducendo all’esdebitazione, non avrebbe portato comunque a risolvere il la crisi debitoria complessiva della famiglia, perché l’altro coniuge rimaneva indebitato. L’espediente sviluppato dalla prassi, era quello di far avviare ai conviventi/coniugi due procedure distinte davanti all’organismo di composizione della crisi, per poi farle riunire grazie alle cause condivise di indebitamento, conducendo così le procedure ad una singola trattazione e ad una singola relazione.
Il vuoto normativo è stato risolto solo con l’art. 4-ter del D.L. Del 28 ottobre 2020 n. 137, convertito nella L. 18 dicembre 2020 n. 176 con la quale è stata introdotta la normativa delle procedure familiari. L’art.. 66 CCI ha riconosciuto esplicitamente le procedure di composizione della crisi da sovranindebitamento che riguardano componenti della stessa famiglia che siano conviventi o che abbiano debiti di origine comune.
Con “membri della stessa famiglia” ci si riferisce al coniuge, ai parenti fino al quarto grado o affini entro il secondo, alle parti di unione civile ed ai conviventi di fatto. La convivenza come requisito di accesso all’istanza deve essere documentata affinché l’OCC possa esprimere giudizio di ammissione. Il requisito dell’origine comune di sovraindebitamento è da intendersi come la comunanza dell’obbligazione causa
dell’indebitamento (come i debiti contratti assieme dai coniugi per rispondere alle necessità familiari).